IL GOVERNO CONTINUA NEL NEGARE IL DIRITTO A RISCUOTERE LA BUONUSCITA AI DIPENDENTI PUBBLICI/SCUOLA

L’agognato raggiungimento dell’anzianità anagrafica ovvero dell’anzianità pensionistica del periodo di lavoro, rappresenta anche per il personale della scuola un “miraggio” sempre più lontano e non solo a seguito dell’aumento dei requisiti per l’accesso alla pensione, ma anche e soprattutto per le modifiche apportate in tema di calcolo del trattamento pensionistico.
Pensiamo per esempio alla falsità con cui il governo ha sventolato il mantenimento dei requisiti per il collocamento a riposo con la quota “103” (sommando anzianità anagrafica e di servizio), nascondendo il fatto che per tale tipologia di cessazione si nasconde il calcolo della pensione effettuato con il sistema contributivo che comporta una riduzione della pensione sino anche a euro 400 mensili rispetto a quanto percepito con lo stipendio e pur vantando 40 anni ed oltre di servizio.
Molte volte, inoltre, la possibilità di accedere alla pensione si accompagna alla esigenza dei lavoratori della scuola nel voler aiutare i figli nell’acquisto della casa per cui l’altro “miraggio” è rappresentato dalla liquidazione del TFS ossia del Trattamento di Fine Servizio
Ora, nonostante la Sentenza n. 130 del 23/6/2023 della Corte Costituzionale, con cui è stata dichiarata fondata la questione di legittimità costituzionale sulla disparità di trattamento fra TFR e TFS sollevata dal TAR Lazio da un Dirigente della Polizia che ha chiesto il riconoscimento del TFS senza dilazioni e rateizzazioni, ritenendo che il pagamento rateale possa ledere l’art. 36 della Costituzione, l’attuale Governo a distanza di 18 mesi circa “fa ancora orecchi da mercante”, per cui nulla ha fatto per dare seguito a tale sentenza ed eliminare “la gabella” imposta a tutti i dipendenti pubblici di avere il TFR con anni di ritardo rispetto alla data di cessazione dal servizio, vanificando anche i motivi per i quali i dipendenti chiedono l’anticipo del collocamento a riposo (ma anche chi viene collocato a riposo per limiti di età è costretto ad aspettare).

Precisiamo che il  TFS riguarda solo i dipendenti pubblici. Questa è la prima differenza rispetto al (forse più noto) TFR, ma non è l’unica.

Infatti a cambiare, nel confronto tra TFS e TFR, sono anche le modalità di calcolo.

Occorre, inoltre, fare una ulteriore precisazione: il Trattamento di Fine Servizio o TFS non è destinato a tutti i dipendenti pubblici, ma solo ai dipendenti pubblici statali assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000Infatti agli altri dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 spetta il Trattamento di Fine Rapporto (TFR).

Il TFS spetta ai seguenti lavoratori del settore pubblico:

  • alla generalità dei dipendenti civili e militari dello Stato;
  • ai dipendenti del comparto enti locali e sanità;
  • ai dipendenti del c.d. parastato (in sostanza, degli enti pubblici non economici);
  • ai dipendenti pubblici che non abbiano optato per il Fondo Pensione Complementare di categoria Espero per scuola e AFAM e Perseo Sirio per tutti gli altri.
Il Trattamento di fine servizio comprende 
  • indennità di buonuscita, che riguarda la generalità dei dipendenti civili e militari dello Stato;
  • indennità premio di servizio, che invece compete ai dipendenti del comparto enti locali e sanità;
  • indennità di anzianità, per i dipendenti parastatali.
Vediamo ora come viene calcolato il TFS (fonte normativa DPR 29.12.1973, N.1032) per il personale della scuola
  • l’indennità di buonuscita è calcolata nella misura dell’80% dell’ultima retribuzione mensile, inclusa la tredicesima mensilità, moltiplicata per gli anni di servizio accumulati.

Stabilito il “quantum” passiamo ora a vedere quando il personale della scuola potrà riscuoterlo

Qui l’attuale governo, e i governi precedenti, operano e da tempo hanno operato, un autentico furto autorizzato con apposita legge.

Infatti, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente sono piuttosto lunghissimi, tanto da indurre, come si diceva innanzia, la Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 130/2023, a dichiarare illegittimo il meccanismo di dilazione e rateizzazione del pagamento del TFS previsto dalle norme attualmente in vigore.

La Corte, inoltre, non solo ha dichiarato l’illegittimità della dilazione ma ha invitato l’attuale governo ad intervenire sulla materia. Ad oggi tutto tace motivo per cui, la CSE-FLP, come appresso si dirà, ha attivato una specifica iniziativa legale e pubblica.

Le uniche eccezioni previste per dar seguio alla liquidazione della buonuscita senza attendere le lunghe scadenze si hanno quando si cessa dal servizio per: 

  • decesso, il pagamento va fatto entro 105 giorni;
  • inabilità al servizio
  • in altri casi (come licenziamento, dimissioni volontarie, destituzione) la corresponsione del TFS avverrà non prima di 24 mesi.

In definitiva, si hanno le seguenti scadenze per ottenere il TFS o parte di esso come appresso diremo:

  • entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso. Decorso tale arco temporale, se la prestazione non viene pagata, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
  • dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui questa sia avvenuta per raggiungimento del limite di età o a causa del termine del contratto a tempo determinato, oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata. Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
  • dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.). Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo.
E non finisce qui, infatti il TFS viene erogato sotto l’aspetto del “quantum”:
  • in un’unica soluzione, ma solo nel caso in cui l’importo complessivo non superi i 50.000 euro lordi;
  • in due rate annuali, se l’importo del TFS è compreso tra 50.001 e 100.000 euro lordi;
  • in tre rate annuali, se il TFS ammonta o è superiore a 100.001 euro lordi.

Premesso quanto innanzi, ecco che il Governo, cerca di venire incontro, “a suo dire”, nei confronti dei lavoratori pubblici e della scuola pubblicando nella G.U. n. 262 dell’8 novembre u.s., un Decreto del Ministro per la P.A. 23.09.2024 che reca il rinnovo dell’accordo-quadro, recepito in primis con DM 19.08.2020 e poi rinnovato con DM 01.08.2022, che consente ai dipendenti pubblici interessati, ora anche l’estensione ai “quota 103”, di poter ottenere, dagli istituti di credito che aderiscono all’accordo, l’anticipo del loro TFS, a costi oggi però molto superiori rispetto allo 0.40% base previsto dall’accordo, in virtù dell’aumento dei tassi e del c.d.“rendistato”.

Si stima un costo medio dell’anticipo comunque non inferiore al 4%, che ovviamente andrà a ridurre la liquidazione pesantemente (oltre 2.000 € di “tassa” per la cifra massima oggi richiedibile, ovvero 45.000 €).

Ci sarebbe una seconda possibilità per il neo-pensionato pubblico iscritto al “Fondo Credito”, quella di richiedere l’anticipo TFS direttamente all’INPS, ma l’opzione oggi non è possibile per esaurimento del Fondo.

Dunque, il lavoratore pubblico che arriva alla pensione si troverà di fronte a questo incredibile dilemma: o attendere anni per ottenere la propria liquidazione e per questo riceverla significativamente svalutata o, in alternativa, ricorrere all’anticipo del TFS pagando però tassi d’interesse elevati.

La crescita dei costi per l’anticipo TFS rappresenta dunque un ulteriore sviluppo in negativo di una vicenda alquanto paradossale e assurda che dura oramai da molto, troppo tempo, e cioè da quando, prima la legge n. 140/1997 e poi anche la legge n. 122/2010, hanno disposto il pagamento differito e/o rateale dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici.

Si deve ricordare, a tal proposito, che la Corte Costituzionale si è già pronunciata ben due volte sull’argomento, la prima nel 2019 e la seconda più recentemente nel giugno 2023 con la sentenza n. 130, con la quale ha ritenuto illegittima la corresponsione ritardata e rateale del TFS sia ai pensionati di vecchiaia che a quelli che hanno raggiunto il limite ordinamentale dei 65 anni, e ha invitato il legislatore a porvi rimedio, cosa
che il legislatore non ha ancora fatto e pare non intenda fare, come dimostra il “no” ai disegni di legge di attuazione della sentenza.

Proprio per questo, la Confederazione CSE, unitamente ad altre Confederazioni (CGS, CGIL, UIL, COSMED, CIDA e CODIRP), hanno avviato una grande iniziativa unitaria, rivolta a tutti i lavoratori e pensionati pubblici e più in generale a tutti i cittadini, che è articolata su tre diversi fronti:
– una petizione da sottoscrivere su www.change.org che sollecita l’intervento del Legislatore per cancellare la “vergogna” del pagamento differito e rateale del TFS dei pensionati ex dipendenti pubblici, che oggi ha già superato le 49mila firme e si accinge a breve a raggiungere il primo step di 50.000;
– iniziative politiche di sensibilizzazione sul tema, che vedranno la luce nelle prossime settimane;
– la presentazione di 7 ricorsi in giudizio in 7 sedi diverse, di cui il primo è già stato presentato a Roma.

Invitiamo i lavoratori pubblici e i pensionati, e più in generale tutti i cittadini, a firmare la nostra petizione e a seguirci in questa difficile battaglia di giustizia sociale e per i diritti, e ci riserviamo di dare tempestivamente conto degli sviluppi dell’iniziativa unitaria. 

NotCSEFLP_Pens2124_DM_accordo_ABI_anticipo_TFS