Precisiamo che il TFS riguarda solo i dipendenti pubblici. Questa è la prima differenza rispetto al (forse più noto) TFR, ma non è l’unica.
Infatti a cambiare, nel confronto tra TFS e TFR, sono anche le modalità di calcolo.
Occorre, inoltre, fare una ulteriore precisazione: il Trattamento di Fine Servizio o TFS non è destinato a tutti i dipendenti pubblici, ma solo ai dipendenti pubblici statali assunti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2000. Infatti agli altri dipendenti pubblici assunti dopo il 31 dicembre 2000 spetta il Trattamento di Fine Rapporto (TFR).
Il TFS spetta ai seguenti lavoratori del settore pubblico:
- alla generalità dei dipendenti civili e militari dello Stato;
- ai dipendenti del comparto enti locali e sanità;
- ai dipendenti del c.d. parastato (in sostanza, degli enti pubblici non economici);
- ai dipendenti pubblici che non abbiano optato per il Fondo Pensione Complementare di categoria Espero per scuola e AFAM e Perseo Sirio per tutti gli altri.
- indennità di buonuscita, che riguarda la generalità dei dipendenti civili e militari dello Stato;
- indennità premio di servizio, che invece compete ai dipendenti del comparto enti locali e sanità;
- indennità di anzianità, per i dipendenti parastatali.
- l’indennità di buonuscita è calcolata nella misura dell’80% dell’ultima retribuzione mensile, inclusa la tredicesima mensilità, moltiplicata per gli anni di servizio accumulati.
Stabilito il “quantum” passiamo ora a vedere quando il personale della scuola potrà riscuoterlo
Qui l’attuale governo, e i governi precedenti, operano e da tempo hanno operato, un autentico furto autorizzato con apposita legge.
Infatti, i tempi attualmente previsti dalla normativa vigente sono piuttosto lunghissimi, tanto da indurre, come si diceva innanzia, la Corte Costituzionale, che con la sentenza n. 130/2023, a dichiarare illegittimo il meccanismo di dilazione e rateizzazione del pagamento del TFS previsto dalle norme attualmente in vigore.
La Corte, inoltre, non solo ha dichiarato l’illegittimità della dilazione ma ha invitato l’attuale governo ad intervenire sulla materia. Ad oggi tutto tace motivo per cui, la CSE-FLP, come appresso si dirà, ha attivato una specifica iniziativa legale e pubblica.
Le uniche eccezioni previste per dar seguio alla liquidazione della buonuscita senza attendere le lunghe scadenze si hanno quando si cessa dal servizio per:
- decesso, il pagamento va fatto entro 105 giorni;
- inabilità al servizio
- in altri casi (come licenziamento, dimissioni volontarie, destituzione) la corresponsione del TFS avverrà non prima di 24 mesi.
In definitiva, si hanno le seguenti scadenze per ottenere il TFS o parte di esso come appresso diremo:
- entro 105 giorni, in caso di cessazione dal servizio per inabilità o per decesso. Decorso tale arco temporale, se la prestazione non viene pagata, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
- dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, nell’ipotesi in cui questa sia avvenuta per raggiungimento del limite di età o a causa del termine del contratto a tempo determinato, oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata. Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo;
- dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi (dimissioni volontarie con o senza diritto a pensione, licenziamento/destituzione, ecc.). Se la prestazione non viene corrisposta entro i successivi tre mesi, sono dovuti gli interessi al tasso legale per ogni giorno di ritardo.
- in un’unica soluzione, ma solo nel caso in cui l’importo complessivo non superi i 50.000 euro lordi;
- in due rate annuali, se l’importo del TFS è compreso tra 50.001 e 100.000 euro lordi;
- in tre rate annuali, se il TFS ammonta o è superiore a 100.001 euro lordi.
Premesso quanto innanzi, ecco che il Governo, cerca di venire incontro, “a suo dire”, nei confronti dei lavoratori pubblici e della scuola pubblicando nella G.U. n. 262 dell’8 novembre u.s., un Decreto del Ministro per la P.A. 23.09.2024 che reca il rinnovo dell’accordo-quadro, recepito in primis con DM 19.08.2020 e poi rinnovato con DM 01.08.2022, che consente ai dipendenti pubblici interessati, ora anche l’estensione ai “quota 103”, di poter ottenere, dagli istituti di credito che aderiscono all’accordo, l’anticipo del loro TFS, a costi oggi però molto superiori rispetto allo 0.40% base previsto dall’accordo, in virtù dell’aumento dei tassi e del c.d.“rendistato”.
Si stima un costo medio dell’anticipo comunque non inferiore al 4%, che ovviamente andrà a ridurre la liquidazione pesantemente (oltre 2.000 € di “tassa” per la cifra massima oggi richiedibile, ovvero 45.000 €).
Ci sarebbe una seconda possibilità per il neo-pensionato pubblico iscritto al “Fondo Credito”, quella di richiedere l’anticipo TFS direttamente all’INPS, ma l’opzione oggi non è possibile per esaurimento del Fondo.
Dunque, il lavoratore pubblico che arriva alla pensione si troverà di fronte a questo incredibile dilemma: o attendere anni per ottenere la propria liquidazione e per questo riceverla significativamente svalutata o, in alternativa, ricorrere all’anticipo del TFS pagando però tassi d’interesse elevati.
La crescita dei costi per l’anticipo TFS rappresenta dunque un ulteriore sviluppo in negativo di una vicenda alquanto paradossale e assurda che dura oramai da molto, troppo tempo, e cioè da quando, prima la legge n. 140/1997 e poi anche la legge n. 122/2010, hanno disposto il pagamento differito e/o rateale dei trattamenti di fine servizio spettanti ai dipendenti pubblici.
Si deve ricordare, a tal proposito, che la Corte Costituzionale si è già pronunciata ben due volte sull’argomento, la prima nel 2019 e la seconda più recentemente nel giugno 2023 con la sentenza n. 130, con la quale ha ritenuto illegittima la corresponsione ritardata e rateale del TFS sia ai pensionati di vecchiaia che a quelli che hanno raggiunto il limite ordinamentale dei 65 anni, e ha invitato il legislatore a porvi rimedio, cosa
che il legislatore non ha ancora fatto e pare non intenda fare, come dimostra il “no” ai disegni di legge di attuazione della sentenza.
Proprio per questo, la Confederazione CSE, unitamente ad altre Confederazioni (CGS, CGIL, UIL, COSMED, CIDA e CODIRP), hanno avviato una grande iniziativa unitaria, rivolta a tutti i lavoratori e pensionati pubblici e più in generale a tutti i cittadini, che è articolata su tre diversi fronti:
– una petizione da sottoscrivere su www.change.org che sollecita l’intervento del Legislatore per cancellare la “vergogna” del pagamento differito e rateale del TFS dei pensionati ex dipendenti pubblici, che oggi ha già superato le 49mila firme e si accinge a breve a raggiungere il primo step di 50.000;
– iniziative politiche di sensibilizzazione sul tema, che vedranno la luce nelle prossime settimane;
– la presentazione di 7 ricorsi in giudizio in 7 sedi diverse, di cui il primo è già stato presentato a Roma.
Invitiamo i lavoratori pubblici e i pensionati, e più in generale tutti i cittadini, a firmare la nostra petizione e a seguirci in questa difficile battaglia di giustizia sociale e per i diritti, e ci riserviamo di dare tempestivamente conto degli sviluppi dell’iniziativa unitaria.